Grazie a questo blog, l’Istituto Svizzero offre alle/agli ospiti dei suoi programmi di residenza la possibilità di comunicare direttamente con il pubblico durante i mesi di soggiorno a Roma, Milano o Palermo, fornendo uno sguardo privilegiato sullo sviluppo della loro pratica e ricerca. In una serie di articoli pubblicati a cadenza regolare, è quindi possibile seguire studi, riflessioni e notizie delle/dei residenti in tempo reale.
Nella sua ricerca, l’ex borsista Michelle von Dach esamina il contesto della migrazione irregolare in Italia. Durante il suo periodo a Roma, ha condotto ricerche etnografiche in collaborazione con organizzazioni non governative che sostengono i migranti nell’area urbana, concentrandosi principalmente sulle aspettative, motivazioni, difficoltà e prospettive dei migranti che vivono una sorta di limbo legale durante il loro soggiorno nella capitale. Michelle von Dach (1994) è dottoranda all’Istituto di Antropologia Sociale e Culturale dell’Università di Zurigo e ricercatrice per il progetto Europeo Horizon 2020 Hummingbird.
Roma è una città affascinante, il cui splendore attira una miriade di turistə provenienti da ogni angolo del mondo desiderosə di esplorarla. Ci sono vari aspetti del soggiorno a Roma che, come se si fosse fermato il tempo, caratterizzano l’esperienza dell’autentica dolce vita romana. Per citarne alcuni: il classico lancio della monetina nella Fontana di Trevi, la passeggiata serale a Monti gustandosi un gelato con panna, e il giro in vespa intorno al Colosseo. Roma sembra essere un sogno, ma se si guardasse oltre ai romantici cliché destinati a turistə, si scoprirebbe che la contemporanea Città Eterna pullula di autentica vitalità, con il vero fermento che si manifesta nei quartieri al di fuori del centro storico. La città è un melting pot di culture, abitata da molte persone di nazionalità diverse che contribuiscono a creare una comunità vibrante e cosmopolita.
Molte persone migranti, definite ‘irregolari’, hanno attraversato la rotta Mediterranea sbarcando sulle coste italiane o la rotta Balcanica, per poi raggiungere Roma, una città vasta che offre svariate opportunità. Qui, hanno la possibilità di incontrare persone, pianificare i loro futuri spostamenti e raccogliere informazioni e risorse utili. Alcunə di loro hanno l’intenzione di proseguire nel viaggio verso altri paesi europei, mentre altrə, inizialmente di passaggio, si ritrovano a stabilirsi nella città per periodi più lunghi. Inoltre, ci sono migrantə che, per necessità o scelta, decidono di rendere Roma la loro casa permanente.
Il regolamento di Dublino, un accordo dell’Unione Europea, stabilisce che la persona migrante è tenuta a presentare la richiesta d’asilo nel primo paese europeo in cui fa ingresso. Di conseguenza, tra i primi paesi europei raggiunti figura certamente l’Italia. Al momento dello sbarco sulle coste italiane, lə migranti vengono indirizzatə verso gli ‚hotspots‘, strutture gestite da agenzie europee come Frontex e Europol, appositamente allestite per l’identificazione di migranti e la registrazione delle impronte digitali. Una volta registratə, anche nel caso in cui decidano di spostarsi verso altri paesi europei per presentare la richiesta d’asilo, il database riconoscerà che il primo punto di registrazione è avvenuto in Italia. Di conseguenza saranno ‘dublinatə’ nuovamente in Italia nel rispetto delle disposizioni del regolamento europeo. A Roma moltə rimangono quindi bloccatə, in attesa di ricevere i documenti, intrappolatə nell’intricata e infinita burocrazia.
Ho raccolto numerosi racconti di viaggio verso l’Italia, tutti accomunati da un contesto di grande violenza, paura e disperazione. Nessuna delle molteplici esperienze che ho ascoltato è sfuggita a questi elementi. Ho osservato un aumento della complessità e dei rischi lungo la rotta percorsa da migrantə che sono giuntə più recentemente rispetto a coloro che sono partitə oltre dieci anni fa. Questo riflette l’attuale inasprimento delle politiche migratorie europee, come gli accordi che l’Italia ha stipulato con la Libia nel Memorandum d’intesa rinnovato annualmente o il nuovo patto EU sulla migrazione e asilo appena stipulato che rafforzerà i controlli ai confini e faciliterà i rimpatri.
Desidero sfatare un mito sulla migrazione irregolare: il sogno di tutte le persone migranti non è necessariamente quello di giungere in Europa, almeno non sin dall’inizio. Alcunə partono con la semplice intenzione di fuggire da una situazione pericolosa e difficile nel loro paese d’origine senza una meta precisa, puntando inizialmente a raggiungere nazioni limitrofe ma, nel corso del viaggio e dei vari soggiorni, vengono persuasə a procedere, per esempio ad attraversare il deserto del Sahara, e successivamente fino in Italia. Dunque, l’idea di dirigersi verso l’Europa matura spesso durante il viaggio e in alcuni casi, le persone sono state costrette ad imbarcarsi dalla Libia fino all’Italia. Ciò dimostra che tentare di determinare i fattori push-pull che hanno influenzato la decisione di intraprendere il viaggio al momento della partenza dal luogo d’origine diventa troppo riduttivo. Inoltre, la tradizionale concezione di un viaggio lineare dal punto di partenza a quello d’arrivo non è realistica. La decisione di migrare e la scelta della destinazione vengono prese in ogni fase del viaggio, non solo all’inizio. È importante considerare i cambiamenti di rotta e le soste prolungate, che possono essere più o meno volontarie. Tra il paese d’origine e il cosiddetto ‘luogo di destinazione’ ci sono numerose tappe, addirittura periodi di tempo prolungati durante i quali migranti rimangono a lungo in un luogo prima di continuare. Alcuni viaggi attraverso le rotte irregolari verso l’Europa, infatti, possono durare anche anni.
Spesso si tende a pensare che una volta che migrantə siano arrivatə in Europa, abbiano raggiunto la loro destinazione finale. Tuttavia, i sacrifici e il dolore vissuti durante il viaggio non bastano. Giungere qui rappresenta soltanto l’inizio di un nuovo capitolo, caratterizzato da precarietà e incertezze. Dopo aver presentato la richiesta di permesso di soggiorno è prevista una lunga attesa prima di ricevere l’approvazione o il diniego. Le tempistiche per ottenere i documenti sono spesso prolungate, e questo risulta in periodi estesi durante i quali migrantə rimangono senza una sistemazione stabile, senza opportunità lavorative e con l’accesso negato a molti servizi essenziali.
A Roma, si sviluppa una robusta rete di sostegno informale, in cui numerosi gruppi locali si dedicano ad offrire diversi tipi di aiuto alle persone migranti che altrimenti non avrebbero accesso a molti servizi. In questo tessuto sociale, composto anche da legami di solidarietà tra migranti stessi, emergono dinamiche di condivisione e supporto reciproco che contribuiscono a mitigare le sfide e le difficolta che si incontrano. Durante il mio soggiorno a Roma, ho avuto l’opportunità di incontrare persone migrantə che mi hanno aperto su una prospettiva unica della città. La sua infrastruttura è diventata per me un nuovo testo da decifrare, rivelando luoghi a molti sconosciuti e inesplorati ma ricchi di vita e intensamente vissuti.
Mon séjour à l’Istituto Svizzero à Rome est tombé un peu comme quand on gagne à la loterie : pile au moment où je me demandais dans quel coin d’Europe l’action de mon nouveau livre allait se dérouler. En 2019 le premier livre de ma trilogie paraissait. La première partie – GRM-Brainfuck – se passait en Angleterre, la deuxième – RCE Remote Code Execution – dans toute l’Europe, avec son centre au Tessin – et, désormais, c’était une évidence, le nouveau tome NEW qui décrit la reconstruction post-débâcle du système financier et du système social, devait se passer en Italie. L’Italie, le pays que pratiquement le monde entier croit connaître, et qui pourtant recèle encore de bonnes et de mauvaises surprises : anarchie, fascistes, communistes, beauté et déclin, convivialité et criminalité, richesse et pauvreté absurde.
Le décor parfait pour le lancement d’une expérimentation socialiste utopique.
Mes recherches en Italie ont débuté l’année dernière, avec des voyages dans des lieux déserts dans le Nord du pays, des discussions avec des scientifiques et des sociologues italien.ne.s. A cet égard le séjour à l’Istituto Svizzero s’est révélé parfait pour approfondir les sujets avec deux guides locaux.
J’ai eu droit à un cours accéléré sur, en vrac, les ghettos, la mafia, l’anarchie, les squatts, les rêves d’avenir et le désespoir à Rome, les banlieues, Naples, la Sicile. Et aujourd’hui, de retour à la maison, j’espère écrire un best-seller absurde et génial. Hélàs!
Je ne peux sortir qu’un mauvais italien, je m’étais imaginé que ça viendrait tout seul, dans la belle villa. C’est plutôt raté.
On peut cueillir le jour, comme le dit Horace, mais peut-on cueillir hier et demain aussi ? La gestion des souvenirs heureux et des craintes est cruciale à l’exercice du bonheur épicurien. Une erreur de compréhension pourrait s’avérer fatale à la béatitude. Ce serait dommage.
Le poète et philosophe épicurien (ou philosophe et poète, c’est selon) Lucrèce prétend que si le temps n’est rien en soi (De rerum natura 1.459), le passé est néanmoins une propriété d’un lieu ou d’un objet. Car le temps est corrélatif de tout changement et tout changement dépend d’un objet. Chaque chose aurait ainsi son histoire en elle, évoluant conjointement et se dégradant doucement.
La conceptualisation d’un temps abstrait à partir de cela est une affaire très délicate. Le « temps » ne dépend alors plus seulement de l’objet changeant ou du phénomène se produisant, mais aussi de son observation. Le rapport empirique au temps doit toujours rester au centre de sa conceptualisation. Une confiance aussi solide dans la validité de l’expérience pour une chose aussi abstraite est remarquable dans l’antiquité. Mais cela crée à bien des égards plus de problèmes que cela n’en résout : peut-on alors jamais vraiment parler d’autre chose que de nos ressentis ?
Epicure nous met devant un dilemme qu’on retrouve sous d’autres formes chez les philosophes H. Bergson et J. McTaggart, quelques 2000 ans après Lucrèce. Temps-évolution objectif ou temps-durée subjectif, causal ou perçu, changement ou concept, le chemin de crête entres les différents temps est malaisé. Les phrases à moitié finies sur des papyrus carbonisés par l’éruption du Vésuve ou sur des parchemins abîmés du Vatican ne nous aident pas franchement à comprendre les épicuriens. Ces sources éparses, fragmentaires et souvent lacunaires forcent la spéculation à chaque coin de lignes. C’est un risque et une opportunité. C’est la sève de la passion philologique.
Ma recherche sur le temps épicurien avance une nouvelle lecture des textes qui dynamise le dualisme entre temps absolu (celui de la course effrénée des atomes) et temps de l’expérience (entre deux pauses-café). En creux, c’est la portée ontologique des concepts chez Epicure dont il est question. Car dire ce que l’on sait ne revient pas forcément à dire ce qui est. Faire le premier est déjà complexe, tenter le second est audacieux. Mais je crois Epicure ambitieux.
Rome antique sans romantique
J’ai commencé ma résidence de 5 mois ici à Rome à la mi-février. Personnellement plutôt porté sur la théorie et les textes, la ville m’a rapidement rappelé à la réalité. L’expérience sensorielle constante de productions antiques interroge : comment les voir (ou les ignorer) ? Les lire ou les écrire ? On peut en tout cas difficilement en faire l’économie, si tant est même qu’on le veuille. A Rome, ma réflexion sur le temps est devenue inévitablement plus empirique. Cela peut paraître paradoxal mais cette surcharge de passé visible recalibre mon rapport à celui-ci vers plus de sobriété. Elle me permet de prendre du recul. A l’usage (ou à l’usure), « l’antiquité », ce prêt-à-penser commode dont on se croit, se veut ou même se crée si facilement héritiers, se révèle moins exemplaire, moins grave et plus commune. Relativisée. Dédramatisée. Il devient alors plus aisé de chercher et partager ses connaissances sans qu’à son insu on en ait fait les proxys de ses propres valeurs. On perd peut-être en grandiloquence, mais on gagne largement en honnêteté intellectuelle.
Ces réflexions sur la présence et l’utilisation de l’antiquité m’ont conduit à organiser une table ronde (ce 31 mai) avec l’artiste en résidence Sophie Jung. Le thème en est les canons littéraires et esthétiques, domaine où l’antiquité a longtemps joué un rôle écrasant tant sur la recherche que sur la créativité. Mais mon questionnement du rapport à l’antiquité m’a aussi amené à travailler avec l’artiste en résidence Grégory Sugnaux dans la réalisation d’une sculpture hybride combinant la typologie du pilier hermaïque antique avec un objet de consommation actuel.
Ces collaborations mobilisant des compétences variées font se téléscoper les temporalités et les références. Les savoirs deviennent une matière à travailler. Ils se désacralisent, les formes se déforment, les possibles s’étendent.
Les clepsydres molles
Il n’est pas certain qu’Epicure ait réellement défendu l’existence d’un temps absolu, même s’il semble parfois jouer avec l’idée. En arrivant, je partais du principe qu’il allait falloir trancher, me décider face au dualisme. Mais la relecture des manuscrits et le goût du mille-feuille archéologique romain (plutôt que le camembert) remettent les idées en place. Le temps est plus mou qu’on veut bien le croire. Tout comme l’antiquité, il est peut-être avant tout ce qu’on en fait.
Les strates historiques de Rome affleurant ci et là accompagnent quotidiennement ma réflexion sur le temps d’une part et sur les enjeux et défis de ma discipline d’autre part. Se confronter aussi intensément aux fragments et reliefs du passé courbe la pensée. On revient sur ses évidences, on les actualise, on prend mieux conscience de son interprétation.