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Istituto Svizzero invites Fellows and Senior Fellows to connect with the public during their time in Rome, Milan, or Palermo, offering a unique glimpse into the evolution of their practice and research. Through a series of questions, the public gain insights into the Fellows‘ ideas, projects, and works.

18.03.2025

MEET THE FELLOWS – LUCA PICCOLI (ROMA CALLING)

Luca Piccoli (1996) è architetto e dottorando SNSF in museologia presso l’Università della Svizzera Italiana, in co-tutela con l’Università Sapienza di Roma. Le sue ricerche esplorano la fondazione dei primi musei pubblici di Roma attraverso gli occhi e le esperienze di coloro coinvolti nella progettazione degli spazi espositivi. Ha conseguito il master presso l’Accademia di Architettura di Mendrisio e ha completato la sua formazione con un’esperienza professionale a Parigi nel campo dell’urbanistica e della progettazione di spazi pubblici (Obras architectes, TVK). A Roma porterà avanti la ricerca sulle origini e lo sviluppo dei musei della città durante il Grand Tour europeo, focalizzandosi sul ruolo degli addetti alla configurazione degli spazi espositivi e sull’influenza del pubblico nelle scelte di allestimento.

A quale progetto lavorerai durante la residenza?
Lavorerò sulla mia tesi di dottorato afferente al progetto Visibility Reclaimed. Experiencing Rome’s First Public Museums (1733-1870). An Analysis of Public Audiences in a Transnational Perspective (progetto FNS 100016_212922) diretto dalla Professoressa Carla Mazzarelli presso l’Università della Svizzera italiana, in co-tutela con la professoressa Chiara Piva della Sapienza Università di Roma. Nello specifico, i miei studi esplorano le origini della Museografia nella Roma del Settecento, letta dal punto di vista delle pratiche esperienziali dei primi pubblici: come i comportamenti e le richieste dei visitatori hanno contribuito a dare forma agli spazi espositivi, nonché il ruolo delle istituzioni nel disciplinare ed influenzare lo sguardo del pubblico stesso. Superando paradigmi “nazionali”, particolare attenzione è posta sulla mobilità dei visitatori dei musei, sulle loro provenienze e categorie sociali, con un focus sul pubblico di architetti: il dialogo di questi con le istituzioni e la diffusione dei modelli museografici tra l’Italia (Roma nello specifico) e il resto d’Europa.

Pietro Antonio Pazzi da un disegno di Giovanni Domenico Campiglia, Seduta di disegno in una sala del Museo Capitolino, da Bottari 1741-1755, vol. III, p.1.

Pietro Antonio Pazzi da un disegno di Giovanni Domenico Campiglia, Seduta di disegno in una sala del Museo Capitolino, da Bottari 1741-1755, vol. III, p.1.

Quali sono le tue aspettative per questa residenza?
Avere la possibilità di studiare liberamente negli archivi e nelle biblioteche della città, dove si conservano testimonianze e richieste di copia e di accesso ai primi musei (Archivio Storico Capitolino, Biblioteca Apostolica Vaticana, Archivio Apostolico Vaticano, e altri). Oltre a ciò, spero di avere modo di ampliare lo sguardo oltre ai temi e cronologie di ricerca: la principale motivazione alla base della mia candidatura è stata la prospettiva di confronto con altri ricercatori e artisti. Mi aspetto quindi, prima di tutto, visite e dialoghi.

Come pensi che il dialogo tra arte e scienza possa influenzare il tuo lavoro?
Prima di iniziare questa residenza, scontatamente, avrei affermato che il dialogo con i residenti artisti sarebbe stato incentrato sul ruolo dei musei contemporanei: come loro si avvicinano da un lato alle istituzioni, dall’altro al pubblico. Dopo due mesi, posso dire che si tratta di uno scambio molto più proficuo: tutti abbiamo interessi, interrogativi e ricerche differenti, ciascuna con punti di contatto. Ho sempre percepito la pratica artistica come parallela e complementare alla ricerca accademica: pur usando strumenti diversi, alimentiamo riflessioni affini.

Anonimo, Bernardino Nocchi (?), La Scala Simonetti, tempera, Musei Vaticani.

Anonimo, Bernardino Nocchi (?), La Scala Simonetti, tempera, Musei Vaticani.

Cosa influenza il tuo lavoro?
Provenendo da una formazione in architettura e urbanistica, penso di poter affermare che il mio lavoro è prima di tutto influenzato dall’osservazione diretta dei luoghi che studio e della loro appropriazione. Sempre sullo stesso piano, sento di lasciarmi sempre ispirare dalle storie a cui cerco di espormi, possano provenire da libri, film o conversazioni.

Quale personaggio storico ammiri maggiormente?
Non saprei come rispondere a questa domanda: dipende sempre dai punti di vista. Credo sia lo stesso motivo per cui mi interesso alla museografia: la disposizione delle collezioni e la configurazione degli spazi espositivi definiscono sempre un modo di vedere (Svetlana Alpers, The Museum as a way of seeing, in Ivan Karp, Steven D. Lavine (a cura di), Exhibiting cultures, the poetics and politics of museum display, Smithsonian Institution Press, Washington, 1991).

Quale musica stai ascoltando ultimamente?
A costo di sembrare ossessionato dal Settecento, ultimamente ascolto spesso il Don Giovanni di Mozart: trovo ancora incredibile la sua capacità di divertire ed emozionare allo stesso tempo (in particolare il primo atto). In ogni caso, da quando sono arrivato a Roma sento l’esigenza di scoprire nuova musica.

Hai qualche rituale o routine lavorativa?
Prima di iniziare la giornata di lavoro, tendo a prendere in mano un libro qualsiasi: da romanzi a saggi, preferibilmente non pertinenti alle ricerche in corso. Per il resto, sto scoprendo una routine dettata dai tempi di Roma: dai tragitti per raggiungere gli archivi e le biblioteche (che avrei la tendenza a percorrere a piedi), all’opportunità di approfittare di un tempo così favorevole. Certo, mi sento davvero grato di poter adattare la mia routine a un luogo come Villa Maraini.

Qual è l’eredità che speri di lasciare attraverso la tua ricerca?
Collocandomi tra gli studi sulla storia dei primi musei di Roma e dei loro pubblici, nonché sull’embodied encouter dei visitatori con gli spazi espositivi, spero di contribuire a una nuova lettura dell’evoluzione di queste istituzioni. Studiare le origini del progetto architettonico dei primi musei intende riscoprire possibilità di avvicinamento alle opere oggi forse perduti o non del tutto considerati: lo scopo è di invitare a visitarli senza dare nulla per scontato, interrogandoci sul loro ruolo e riscoprendo sempre nuovi punti di vista sulle collezioni a noi pervenute.

Quali elementi ti affascinano della città di Roma?
Per rispondere a questa domanda, mi diverte riprendere un’espressione che ho letto di recente: “O bella Roma! E quanto tempo ho perduto girando gli altri paesi! Mi par di viaggiare ogni giorno, perché ogni giorno vedo cose nuove (…)” (Lettera di Scipione Maffei a Isotta Nogarola Pindemonti, Roma, 22 agosto 1739, in Celestino Garibotto (a cura di), Scipione Maffei. Epistolario (1700-1755), Vol. II, Milano, Dott. A. Giuffrè Editore, 1955, p. 890).
Credo di condividere questo sguardo: effettivamente Roma si sta rivelando una scoperta nel quotidiano. È senza dubbio un aspetto che vorrei esplorare nelle mie ricerche: la curiosità che spinge a viaggiare, le aspettative ed epifanie di coloro che giungevano a Roma nell’epoca del Grand Tour.

Hubert Robert, Le Dessinateur au Musée du Capitole, vers 1762-1763, Musée de Valence.

Hubert Robert, Le Dessinateur au Musée du Capitole, vers 1762-1763, Musée de Valence.

Il futuro per te è… ?
Direi imprevedibile. Nel personale, spero in futuro di affinare sempre di più, oltre alla concentrazione, uno spirito di adattabilità, lontano da abitudini. In questo senso, il programma transdisciplinare dell’Istituto si sta rivelando particolarmente benefico: negli scorsi due mesi sento di essere stato invitato continuamente a riflettere al di fuori del mio sistema di riferimenti.

05.03.2025

MEET THE FELLOWS – MARIA D. RAPICAVOLI (PALERMO CALLING/Art & Science)

Maria D. Rapicavoli (1976) è un’artista residente a New York. Assieme all’architetto e ricercatore Fabio Furiassi, ha sviluppato nell’ambito di Palermo Calling/Art & Science 2024 il progetto di ricerca Un teatro siciliano: l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo. Lo studio si propone di collegare e organizzare i dati frammentari sull’aula bunker e sul maxiprocesso alla mafia, i quali, a causa di calamità naturali e incuria archivistica, rischiano di andare perduti. In questo contesto, il progetto mira a esaminare criticamente e ricomporre artisticamente la storia dell’architettura del tribunale, in relazione alla sua storia politica, al fine di preservarne la memoria e renderla accessibile a un ampio pubblico.

A quale progetto lavorerai durante la residenza?
Inizialmente, la mia ricerca si concentrava esclusivamente sull’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, sia come elemento architettonico che come simbolo della lotta alla mafia in Italia.
Tuttavia, questo periodo di residenza qui a Palermo, insieme agli incontri con persone che hanno vissuto quegli anni in prima persona, mi ha portata a spostare l’attenzione su ciò che l’aula rappresenta nella memoria storica e personale in un momento così traumatico della storia d’Italia e della Sicilia. Da siciliana, sento fortemente l’esigenza di raccontare l’antimafia, l’impegno e il sacrificio di giudici come Falcone e Borsellino, che hanno lottato con determinazione per sradicare la mafia, sia come mentalità che come associazione criminale. Il risultato della ricerca che sto portando avanti durante la residenza sarà un’opera installativa multimediale che spero di presentare inizialmente qui a Palermo e, in seguito, di portare all’estero.

Arch. Martuscelli che spiega il progetto dell’Aula Bunker

Arch. Martuscelli che spiega il progetto dell’Aula Bunker

Dettaglio di un articolo del giornale L’ora

Dettaglio di un articolo del giornale L’ora

In che modo l’ambiente dell’Istituto Svizzero influenza la tua ricerca?
Il supporto professionale e l’ascolto attento alle mie esigenze sia di tipo logistico che personale sono stati di fondamentale importanza per lo sviluppo della mia ricerca in un contesto non sempre facile, anche alla luce delle tematiche delicate che sto portando avanti nella ricerca.

Research image

Research image

Qual è l’oggetto più strano che tieni nello spazio di lavoro?
Non so quanto siano strani, ma da quando sono arrivata a Palermo ho acquistato diverse piante: quattro succulente, un banano, una pianta di caffè e una di menta. Accanto alle piante tengo una cartolina d’epoca che ho trovato in una piccola libreria storica della città. La cartolina ritrae una donna elegante, con un ampio cappello piumato e un abito lungo in stile liberty, che sfreccia sui pattini a rotelle portando su un cuscino due volpi (vive o morte, non si capisce). Ho anche comprato una bicicletta usata nei colori rosa e nero (quelli della squadra di calcio del Palermo) e l’ho chiamata Rosy, che sta per Rosalia, la santa patrona di Palermo. La uso tantissimo e quando partirò la regalerò a chi verrà in residenza dopo di me.

Piante e cartoline

Piante e cartoline

In che modo l’approccio transdisciplinare arricchisce la tua ricerca?
Mi consente di integrare prospettive diverse, offrendomi una visione d’insieme più completa e un pensiero critico più ampio, che sintetizzerò nella mia pratica artistica.

Research image

Research image

Cosa influenza il tuo lavoro?
Osservare i dettagli sociali e architettonici di Palermo. Andare in giro per i mercati di Palermo, dove la compravendita e gli scambi commerciali e umani si intersecano e danno una visione delle dinamiche sociali della città. Ho fotografato tantissimi oggetti in vendita a Ballarò e al mercato del Capo. Una meraviglia di colori, forme e memorie che difficilmente posso trovare a New York, città in cui vivo da diversi anni.

Dettagli al mercato di Piazza Marina

Dettagli al mercato di Piazza Marina

Hai qualche rituale/routine durante il lavoro?
Caffè, correre al lungomare, doccia calda, acqua alle piante e passeggiate in bicicletta.

Rosy

Rosy

Che musica stai ascoltando attualmente?
Mina, Franco Battiato, De Andrè, gli Uzeda (gruppo rock storico siciliano) e la Ninna Nanna di Mozart

Hai un posto preferito a Palermo?
Piazza Bellini, di notte

Qual è la cosa più inaspettata che ti è capitata durante la residenza?
La facilità con cui si sono stabiliti i legami umani e artistici con altr* residenti, nonostante i diversi background e le diverse età. Mi sento fortunata, perché ognun* di loro ha delle qualità speciali che arricchisce il mio sapere e nutre il mio spirito.

Il futuro per te è… ?
Più progetti in Europa.

Research Image

Research Image

25.02.2025

MEET THE FELLOWS – ALEXANDER KAMBER (ROMA CALLING)

Alexander Kamber is a doctoral researcher in the field of Cultural Analysis at the University of Zurich.
His SNSF research project (doc.ch) examines the relationship between moving bodies and their
environments in theatre and dance around 1900. By examining intersections between body practices
and the life sciences – medicine, psychology, and biology – his project situates early 20th-century body
culture within a history of ecological thought. He holds a master’s degree in Cultural Studies with a
specialization in Philosophy and History from Leuphana University of Lü neburg. In 2023, he was a
visiting researcher (Performance & Gender Studies) at mdw – University of Music and Performing Arts
Vienna. His current novel “Nachtblaue Blumen” was published by Limmat Verlag in 2024. In Rome, he
will examine the dance experiments of the early Italian Futurist movement with a particular focus on
their environmental knowledge.

What is the main project you will be working on during your residency?
I will work on my dissertation in cultural studies, which investigates how early 20th-century body culture (dance, theatre, gymnastics) intersected with life sciences (medicine, psychology, ecology) to shape new conceptions of the human body. While in Rome, I will research Italian Futurism’s experimental performances, which will contribute a chapter to this broader cultural history. While Futurism is traditionally interpreted as a purely machine-oriented art movement, my research reveals how these avant-garde artists combined mechanical and vitalistic elements – an understudied aspect that offers new perspectives on the movement. I’m particularly interested in medical and spiritualist influences, as well as critical and also feminist positions within and at the margins of the movement that challenge and subvert the classical image of Futurism as a homogeneous aesthetic program. My project takes an interdisciplinary approach: I’m fascinated by the intersections between performance and life sciences, such as the Italian Futurists‘ belief that theater and dance could train the audience’s nervous system – an idea that connects to contemporary medical discourses.

‘L’Angoscia delle macchine’ di Ruggero Vasari nelle scene e nei figurini di Vera Idelson, 1925.
Source: Adrien Sina Collection – Feminine Futures.

‘L’Angoscia delle macchine’ di Ruggero Vasari nelle scene e nei figurini di Vera Idelson, 1925.
Source: Adrien Sina Collection – Feminine Futures.

What do you expect from the residency?
Beyond the opportunity to conduct archival research on site, I look forward to exchanging ideas and collaborating with other researchers in Rome, as well as networking with fellow residents.

How do you think the dialogue between art and science can influence your work?
It plays a central role in my dissertation. I’m interested in how both spheres influence each other’s knowledge production, raise similar questions, and address related problems. I’m equally intrigued by the productive tensions that emerge between these fields, particularly when sciences attempt to approach subjective dimensions of experience and interpretation.

What influences your work?
I am particularly interested in historical perspectives that challenge disciplinary boundaries, revealing unexpected connections and productive tensions between seemingly unrelated fields of knowledge.

Who do you admire most in history?
There isn’t one single person I „admire most.“ However, when it comes to my current research project, an inspiring figure is the dancer Valentine de Saint-Point. She joined the Futurist movement, then challenged its misogyny with her Manifeste de la femme futuriste before breaking away from the movement and becoming an anti-colonial activist fighting European imperial dominance in Egypt and Syria. Also: Since entering university, I have consistently returned to Walter Benjamin’s work, appreciating his innovative and poetic approaches to historical analysis.

Photograph of Valentine de Saint-Point, 1913-14.
Source:  Giovanni Dotoli Collection

Photograph of Valentine de Saint-Point, 1913-14.
Source:  Giovanni Dotoli Collection

What music are you currently listening to?
While I usually like to listen to 80s New Wave and Post-punk, being in Rome has rekindled my love for Italo Disco.

Do you have any rituals/routine during work?
In Rome, I enjoy working in the quiet of the Istituto Svizzero library and meeting other fellows for coffee at the bar or on the terrace. In the afternoons, I love exploring the Quartiere Coppedè, a fantastical architectural blend of Art Nouveau, Art Deco, Baroque, and medieval elements. A late-night visit to Come il Latte gelateria is also a must.

What legacy do you hope your research will leave behind?
I hope to contribute engaging insights while creating connections and collaborative opportunities for other researchers working on similar topics.

What fascinates about the city?
How it embodies the tension between tradition and modernity on every street corner. I enjoy the city’s chaotic vibrancy and energy, and the (ridiculously) wonderful weather!

The future for you is… ?
I plan to continue my academic career, further exploring the dialogue between art and life sciences. Alongside my academic work, I will continue writing literature (my latest novel Nachtblaue Blumen was published in March 2024).

Film still from „Thaïs,“ directed by Anton Giulio Bragaglia, 1917.
Source: YouTube
Film still from „Thaïs,“ directed by Anton Giulio Bragaglia, 1917.
Source: YouTube
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