16.10.2020—12.02.2021

WE HYBRIDS!

Arte, Mostra collettiva, Roma

MA: H14:00-20:00
ME-VE: H11:00-20:00
Via Ludovisi 48
Su registrazione all’ingresso

Dates
16.10.2020
12.02.2021
Location
Roma
Category
Arte, Mostra collettiva
Information

MA: H14:00-20:00
ME-VE: H11:00-20:00
Via Ludovisi 48
Su registrazione all’ingresso

Creature ibride o chimeriche hanno da sempre fatto parte del nostro immaginario culturale collettivo. Persino nei disegni e nelle sculture più antichi appaiono raffigurate creature che sfuggono a una chiara identificazione con un’unica specie, i cui corpi sono un assemblage di esseri umani e animali o di diversi tipi di animali. Basti pensare alla Grande Sfinge di Giza o al Fauno, che nella mitologia romana era una creatura per metà uomo e metà caprone. Nel XXI secolo, gli ibridi sono onnipresenti. Da un lato, le loro potenziali forme si sono moltiplicate raggiungendo un apice senza precedenti, grazie ai progressi intercorsi sia nel campo della tecnologia, sia in quello delle scienze naturali e dell’ingegneria genetica. Più che incroci tra umani e animali, gli ibridi di oggi si presentano come un vero e proprio composto di materia umana (o comunque organica) e materia inanimata.
Siamo tutti esseri ibridi: il nostro iPhone, per esempio, è ormai da tempo diventato un’estensione del nostro corpo, come anche il microchip sottopelle, che è ormai divenuto realtà. Dall’altra parte, siamo resi ibridi dalle sostanze invisibili, sintetiche, talvolta persino ormonali e psicoattive che è possibile assumere.
A seconda del punto di vista o del contesto, queste trasformazioni possono essere considerate o come tentativi di ottimizzazione innescati dal capitalismo, o come gesti autoindotti e ostruzionistici. Dall’altro lato, gli ibridi e l’idea di ibridismo in generale si rivelano essere spunti di riflessione quantomeno stimolanti. Le speculazioni su un mondo post umano o sui cyborg di Donna Haraway possono indurci a riflettere sul nostro presente, così come su una concezione più estesa dell’ibridismo, quale l’intreccio di due sistemi che sono normalmente separati. Questi contengono il potenziale per sviluppare concetti sociali alternativi, non-gerarchici e capaci di riunire varie specie o strategie di sopravvivenza, in un futuro tanto utopico quanto distopico.

WE HYBRIDS! è sia un’affermazione sia una tesi. La mostra collettiva raggruppa sei giovani artisti(e) della Svizzera che affrontano il concetto dell’ibridismo attraverso diverse modalità mediatiche e narrative. Le interazioni e le connessioni tra l’uomo e la tecnologia, così come la fusione di corpi organici, microbici o meccanici, sono i temi posti al centro del lavoro di Vanessa Billy (*1978 Ginevra, vive e lavora a Zurigo). Nella mostra l’artista espone, tra le altre opere, cromosomi potenzialmente geneticamente mutati e un’installazione con impronte in silicone che potrebbero provenire dall’uomo, dall’animale e dalla macchina. Chloé Delarue (*1986/Le Chesnay, FR, vive e lavora a Ginevra) è interessata sia ai racconti cyberpunk, sia all’influenza degli sviluppi tecnologici sul corpo e sulla mente umana. Dal 2015 lavora al suo complesso corpo TAFAA (Toward A Fully Automated Appareance), composto da un assemblage ibrido di materiali organici e inorganici che evocano per somiglianza resti archeologici del futuro. Florian Germann (*1978/Kreuzlingen, vive e lavora a Zurigo) sperimenta con differenti materiali e le loro “energie” (come lui stesso le definisce), e conferisce alle sue sculture storie e aneddoti particolari. È affascinato da Blade Runner, dai cyborg e dagli alieni. I due oggetti da lui creati appositamente per la mostra risultano da combinazioni tra uomo, animale e macchina. Nelle vene calde, scintillanti, color simil pelle e geometricamente ridotte di questi ‘esseri’ scorrono benzina e olio. Influenzata da forme narrative speculative della letteratura di fantascienza, nella quale finzione e realtà si mischiano, la serie di foto Fook Moon (2017/2020) di Gabriele Garavaglia (*1981/Vercelli, IT, vive e lavora a Zurigo) prende spunto da una performance e mostra una serie di ritratti di creature simili a esseri umani con occhi, però, spaventosamente disumani. Allo stesso tempo, un grande simbolo graffitato sul muro ci ammonisce contro il ‘biorischio’ (‘Biohazard’). Progettato negli anni ’60, il simbolo avverte dei pericoli derivanti da sostanze o organismi di origine biologica – rifiuti sanitari, virus o campioni contaminati da microrganismi. Mette quindi in guardia contro l’infezione e di conseguenza anche contro la mescolanza di materia umana e non umana, l’essere ibrido. Nel suo video Holobiont Society, Dominique Koch (*1983/Lucerna, vive e lavora a Basilea e Parigi) traccia i rapporti di potere del presente capitalista, che funge da sistema ibrido, talvolta conflittuale. Così facendo, l’artista richiama l’idea biologica dell’olobionte, ovvero un organismo in cui convivono ospite, microbi, batteri e virus. Infine, Pamela Rosenkranz (*1979/Altdorf, vive e lavora a Zurigo e Steinhausen) presenta due nuovi dipinti della serie Sexual Power, realizzati sotto gli effetti del Viagra, sostanza prodotta sinteticamente che, una volta assunta, la trasforma in un essere ibrido, combinando le sue capacità umane con quelle di una sostanza prodotta artificialmente.

 

Addendum: ho scritto le righe che precedono all’inizio di febbraio, quando della pandemia non sentivamo che una risonanza lontana. All’inizio di marzo abbiamo deciso di posticipare la mostra WE HYBRIDS! di sei mesi. Il mondo è un posto completamente diverso oggi. Tuttavia, gli interrogativi degli artisti e le riflessioni da loro ispirate rimangono rilevanti, forse ora più che mai. L’esperienza globale del paralizzante lockdown e la febbrile ricerca di una terapia ci mostrano che una co-esistenza con il virus sembra essere inevitabile. Come in un mondo estremamente tecnologico, non solo i microchip impiantati, ma anche i virus possono trasformarci in creature ibride: si annidano nei nostri corpi, provocando conseguenze potenzialmente letali, nei modi più diversi. Allo stesso tempo, in quanto società globalizzata, abbiamo preso pienamente coscienza della vanità delle supposte gerarchie tra ‘uomo’ e ‘natura’. Inevitabilmente, mi ritrovo a pensare al legame tra umani, animali e altre creature propagato da Donna Haraway, alla sua richiesta di considerarsi ‘in relazione’ per accedere a un reticolo probabilmente conflittuale, ma già ibrido. E anche questa è probabilmente una versione futura con la quale dobbiamo fare i conti.

Gioia Dal Molin, autunno 2020

 

Contemporaneamente alla mostra collettiva WE HYBRIDS!, nel giardino dell’Istituto Svizzero sarà esposta un’altra opera di Florian Germann, EUROWOLF, una nuova installazione site-specific che collega Roma con la collina di Villa Maraini. La scultura, modellata sulla base della pelliccia di una lupa nera rumena (le femmine di questa specie sono più grandi dei maschi, come sostiene l’artista) è appesa a uno degli alberi ad alto fusto del parco. La sua superficie riflettente proietta i raggi del sole in un punto ben preciso della città. L’oggetto non solo riporta alla mente la leggenda sulla fondazione di Roma, ma crea anche un riferimento all’organizzazione sociale dei branchi di lupi, strutturati come un conglomerato sociale. Infine, la “Wolfsmaschine” – nelle parole dell’artista – è anche legata al tema della mostra WE HYBRIDS!, essendo anch’essa un ibrido tra animale e macchina. E come non pensare a Romolo e Remo, allattati da una lupa e nutriti da un picchio.