10.06.2025

The Edible Institute II

Panel discussion, Tasting session, Workshop, Via Ludovisi 48, Roma

Serie Art&Science
H16:30-20:30

Dates
10.06.2025
Location
Via Ludovisi 48, Roma
Category
Panel discussion, Tasting session, Workshop
Information

Serie Art&Science
H16:30-20:30

Programma:

H16:30-18:00 It came from the tropics, Workshop di Sergio Rojas Chaves
REGISTRAZIONE QUI PER IL WORKSHOP

H18:30-20:30 Panel e Food Tasting con contributi di Almaz Aweke, Ginevra Ludovici, Klara Machata, Larissa Tiki Mbassi e Sergio Rojas Chaves
REGISTRAZIONE QUI PER PANEL E TASTING SESSION

Il Panel e il Workshop saranno tenuti in Inglese.


The Edible Institute II. Unearthing the difficult heritage of plants è la seconda stagione di un progetto di lungo periodo iniziato nel 2024 dal duo di artisti Aterraterra che ha attivato all’interno del giardino dell’Istituto Svizzero di Roma una serie di aree dedicate alla coltivazione di piante edibili sia domesticate che selvatiche. La fase attuale del progetto prevede l’inclusione di diverse specie legate a storie di difficult heritage, la cui diffusione e selezione, o i cui nomi e le narrazioni che le riguardano, sono connesse, per esempio, al colonialismo italiano o al fascismo, ma anche a pratiche di resistenza e autodeterminazione di comunità oppresse. Attraverso le nuove aree coltivate Aterraterra intende attivare un nuovo approccio su queste tematiche.     

Con The Edible Institute II il giardino dell’Istituto Svizzero diventa uno spazio conviviale di interrogazione e di ascolto, in cui il gesto agricolo della coltivazione assume una dimensione critica e l’atto metabolico di alimentarsi delle specie presenti riporta al rapporto trofico tra umano e piante coltivate e alle eredità difficili che lo attraversano. Alcune delle specie e varietà introdotte – come i “grani antichi” legati al passato fascista, la melanzana rossa etiopica, il pomodoro, il mais, il peperoncino, il basilico e diverse varietà di cavoli – sono portatrici di storie complesse e stratificate, talvolta rimosse, deformate o semplificate. Storie cristallizzate spesso anche nelle pratiche di nominazione e che il progetto intende far emergere attraverso pratiche ecologiche, performative e discorsive. Le aree edibili introdotte nel giardino si configurano dunque come dispositivi narrativi viventi, in cui il lavoro della terra si intreccia a un archivio di relazioni multispecie. 

Il progetto propone di interrogare il potenziale politico, storico e simbolico delle piante e dei paesaggi alimentari, ponendo domande come: in che modo le piante possono diventare strumenti per esplorare le eredità coloniali e autoritarie che ancora abitano i nostri territori culturali? Quali storie emergono dalla coltivazione di semi che portano con sé memorie di violenza, resistenza e migrazione? In che termini il gesto quotidiano del nutrirsi può configurarsi come un atto di consapevolezza critica e di riparazione storica?

Alcune delle piante provengono da semi che fanno parte della Critical Seed Library, progetto transnazionale lanciato da Aterraterra che include diverse seed saving realities operanti in varie parti del mondo.

Il programma pubblico include un workshop condotto dall’artista e ricercatore Sergio Rojas Chaves, una tasting session di Almaz Aweke e un panel di discussione con Ginevra Ludovici, Klara Machata e Larissa Tiki Mbassi. In dialogo con le aree coltivate, questi momenti collettivi amplificano il potenziale del giardino come spazio metabolico, politico e conviviale, in cui coltivare diventa anche un gesto critico.


It Came from the Tropics è un workshop di scultura botanica di Sergio Rojas Chaves che analizza la storia di alcune piante tropicali che sono state introdotte in Europa per il consumo e sono diventate iconiche nell’ornamentazione, nel design e nella pubblicità. Il workshop si concentra sulla trasformazione delle colture in ornamenti e discute la feticizzazione del fogliame, le storie coloniali etnobotaniche, i metodi di rappresentazione e il desiderio profondo di possedere ciò che consideriamo esotico.

Il workshop inizierà con un’introduzione alle specie di cui si parlerà: l’avocado Hass, la monstera deliciosa, le banane Cavendish e l’ananas dorato. L’introduzione tratterà la loro storia coloniale e il loro rapporto con l’Europa e il Nord globale. Inoltre, attraverso queste storie, verranno analizzate una serie di immagini che mostrano come queste piante sono state utilizzate nel tempo e come la loro rappresentazione sia cambiata di conseguenza.

A partire da queste narrazioni, sarà avviata una sessione di discussione in piccoli gruppi per riflettere sul rapporto personale con queste piante. Questi confronti condurranno alla creazione di una serie di sculture collaborative. Utilizzando riferimenti visivi e aneddoti personali come punto di partenza, verranno ricreati e combinati gli elementi distintivi delle colture tropicali usando argilla autoindurente. Questo materiale, spesso impiegato in contesti pedagogici, risuona con il contesto immediato del giardino di Villa Maraini, decorato da elementi scultorei frammentati in roccia, argilla e marmo.

L’obiettivo è creare una chimera scultorea, un mix botanico ultra-esotico: l’icona tropicale definitiva. Il titolo del workshop è preso in prestito dal film It Came from Outer Space del 1953, diretto da Jack Arnold. Il film racconta la storia di un’invasione aliena sulla Terra, ma nel caso del workshop si tratta di un invito a riflettere sulla stranezza e l’esoticità delle colture tropicali, su come vengano percepite in Europa e su come questo sguardo sia cambiato nel tempo: dalla meraviglia alla normalizzazione, fino alla sottovalutazione.

Le sculture prodotte offriranno una nuova prospettiva su queste piante e metteranno in discussione le nozioni di ornamentalità che di solito le accompagnano. Si creerà una specie “mostruosa”, che potrebbe non essere bella come ci si aspetterebbe, ma che rifletterà meglio il modo in cui le comunità vegetali crescono nelle foreste tropicali—quelle stesse foreste da cui queste piante provengono.

Le sculture realizzate saranno esposte nell’ambito delle attività in corso di The Edible Institute II.

 

 

L’evento è parte della serie Art&Science, dedicata all’incontro tra ricerca scientifica e pratiche artistiche, curata da Ilyas Azouzi (Head of Science, Research, and Innovation) e Lucrezia Calabrò Visconti (Head Curator).

Aterraterra è un duo formato da Fabio Aranzulla e Luca Cinquemani che lavora in modo multidisciplinare intersecando arte, agricoltura e scienza. La ricerca di Aterraterra si interroga sulla possibilità di forme di coltivazione e alimentazione critiche nei confronti delle forme di potere e consapevoli del proprio antropocentrismo. I progetti artistici di Aterraterra affrontano questioni relative alle relazioni multispecie, alle forme di disciplina genetica nell’agricoltura industriale, alle prospettive post-agricole e post-linguistiche, al foraging come pratica di resistenza e al limite culturale – sempre mobile – del concetto di commestibilità. ll duo indaga inoltre il difficult heritage delle piante alimentari, il rapporto tra istituzioni culturali e forme di vita non umane e le trasformazioni ecologiche determinate dai cambiamenti climatici. Tra i lavori, i workshop e le food performance del duo: Hybridising Scentscapes, in collaborazione con Eliza Collin, Design Museum, Londra; Not From Here: Plant Migrations and Human Narratives, Museum MMK für Moderne Kunst, Francoforte, Someone told us a story about nature and purity, ZACentrale, Fondazione Merz, Palermo, Foodscape 5, Photoforum Pasquart, Biel/Bienne. 

Almaz Aweke è una chef dalla traiettoria inusuale, nata professionalmente dalla convergenza tra percorsi diversi e una lunga esperienza nel mondo della ristorazione. Per Almaz la cucina è uno strumento di connessione profonda con le proprie radici culturali, un mezzo per mantenerle vive e accessibili, attraverso il gesto e l’esperienza sensoriale del nutrirsi e del nutrire. Almaz porta in tavola una cucina che non è solo preparazione di cibo, ma atto politico, affettivo e comunitario, capace di creare spazi di ascolto, scambio e riconoscimento. Le sue proposte culinarie attraversano tradizioni, identità e memorie diasporiche, in un dialogo costante con il presente. Attiva in contesti collaborativi, Almaz sviluppa progetti che mettono al centro la cucina come pratica di cura e resistenza, come linguaggio condiviso e territorio poroso in cui persone e storie si incontrano. Attraverso laboratori, cene partecipate e interventi site-specific, sperimenta formati che valorizzano l’incontro tra comunità e alimentazione, contribuendo a ridefinire i margini tra chi cucina e chi riceve, tra chi racconta e chi ascolta.

Ginevra Ludovici è curatrice indipendente e dottoranda di ricerca in Analysis and Management of Cultural Heritage presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca dove sta portando avanti il progetto di tesi “Self-initiated institutions: the case of artists-run educational platforms”. Negli ultimi anni ha collaborato con diverse istituzioni, tra cui il MoMA – The Museum of Modern Art (New York), Carpe Diem Arte e Pesquisa (Lisbona), Centro di Ricerca ASK – Art, Science, Knowledge (Milano), Lateral (Roma), Real Academia de España (Roma), Fondazione Giuliani (Rome), MACTE – Museo di Arte Contemporanea Termoli, Almanac (Torino) e Galerija Remont (Belgrado). Inoltre, ha curato la traduzione in italiano dei testi Education for Socially Engaged Art di Pablo Helguera e Joseph Beuys di Claudia Mesch per Postmedia Books. Nel 2023 è stata coordinatrice scientifica della Summer School “Dissonances. Re-interpreting and re-assessing difficult heritage” presso la Scuola IMT Alti Studi Lucca. Attualmente è coordinatrice del Capitolo Italiano presso l’Association for Critical Heritage Studies.

Klara Machata è dottoranda e assistente alla ricerca in Studi letterari e culturali inglesi presso l’Università di Friburgo, in Germania. La sua tesi di dottorato si concentra su spazio, luogo e Antropocene nella letteratura anglofona contemporanea, con particolare attenzione all’Asia meridionale e sud-orientale. La sua ricerca e attività didattica sono informate da studi di geografia e letterature anglofone, e indagano l’intersezione di diverse discipline nell’ambito delle environmental humanities: ecocritica, teoria postcoloniale e geografia politica e culturale.

Larissa Tiki Mbassi è curatrice con base a Zurigo e ricercatrice di dottorato affiliata ai Dipartimenti di Storia e Storia dell’arte delle Università di Friburgo e Vienna. La sua tesi, intitolata “Spazio pubblico nero? Approcci storici ai monumenti e ai simboli coloniali a Neuchâtel”, esplora le connessioni tra amnesia coloniale, monumenti coloniali e attivismo afro-diasporico a Neuchâtel (CH). Con questa ricerca, Larissa mira a comprendere le condizioni memoriali create dall’amnesia e in che modo queste influenzino le richieste di decolonizzazione degli spazi pubblici. Il suo lavoro combina analisi storica e approcci curatoriale, contribuendo al dibattito sulle politiche della memoria in Svizzera. Si interessa in particolare di teoria critica della razza e studi sull’autocnìa afro-europea.

Sergio Rojas Chaves è un artista che vive e lavora tra Svizzera e Costa Rica e collabora con partner non umani, come piante e animali, per sfidare l’antropocentrismo attraverso il dono e l’affetto. Rojas Chaves ha un background in architettura e sviluppo comunitario. Le opere attivano nuove relazioni e raccontano storie e narrazioni inedite su animali e piante, adottando approcci affettivi alla biologia. I progetti di Sergio Rojas Chaves, che includono sculture, installazioni, video, fotografia e performance, sono stati esposti in mostre personali e collettive, recentemente alla Stadtgalerie di Berna, al 12° Salon ACME in Messico, alla Budapest Galéria, al Macalline Art Center di Pechino, al MAI di Riyadh, alla Kunsthaus Baselland, al CAN di Neuchâtel, al MAFA di Arad in Romania, al MADC di San José, al MAC di Panama, alla Fundación Paiz in Guatemala, al TEOR/ética di San José e a la_cápsula di Zurigo, tra gli altri. Il lavoro di Chaves ha partecipato anche all’8ªBiennale di Gherdeina, alla 10ª Biennale Centroamericana e alla 9ª Biennale Inquieta Imagen, oltre che al Reunion Performance Festival di Freetown, Sierra Leone, e La Tigra, Honduras. Rojas Chaves co-dirige lo spazio artistico REUNION di San José.