15.05.2015—13.06.2015

Inflected Objects #1: Abstraction

Arte, Mostra collettiva, Milano

Rising automated reasoning

Introduzione

Biografie

Dates
15.05.2015
13.06.2015
Location
Milano
Category
Arte, Mostra collettiva
Information

Rising automated reasoning

Inflected Objects #1: Abstraction – Rising Automated Reasoning é la prima esposizione di una serie di cinque, dedicata alla riflessione sul digitale e alle sue conseguenze sulla produzione artistica. Il primo capitolo del progetto é curato da Melanie Bühler, fondatrice e curatrice di Lunch Bytes*, e da Valerio Mannucci, co-fondatore e co-direttore di NERO. Inflected Objects #1: Abstraction – Rising Automated Reasoning parte dall’assunto che non è più possibile parlare di un dominio digitale in quanto tale: “the digital has escaped the box”, per citare l’architetto e scrittore Keller Easterling.

I processi computazionali, per loro natura astratti, penetrano in modo crescente nel tessuto sociale ed economico contemporaneo. Il digitale non può più essere considerato un medium specifico, con i suoi meccanismi e la sua estetica, piuttosto è oggi una forza pervasiva che conforma la realtà materiale degli oggetti e la loro rappresentazione. Riflettendo sul tema dell’astrazione e in senso lato su questa particolare condizione techno-culturale, la mostra presenta il lavoro di sei artisti europei: Philippe Decrauzat (CH), Harm van den Dorpel (NL), Katharina Fengler (D/CH), Femke Herregraven (NL), Lars Holdhus (N) e Pierre Lumineau (CH).

Con la digitalizzazione dei sistemi, il mondo si dota d’infrastrutture di calcolo che lavorano nell’ombra; dipendiamo da procedimenti astratti per far volare i nostri aerei, far funzionare i semafori e determinare il valore del denaro nei nostri conti bancari, in un tessuto iper-capitalista, controllato da poche corporations che capitalizzano i contenuti e i dati generati da chi usa i loro strumenti.

I dati scambiati a ritmo serrato vengono raccolti, analizzati e impiegati in modo che si vendano più prodotti. I profili utente dei social media sono beni il cui valore è misurato in likes e in capitale sociale, per poi essere venduti a caro prezzo. Non abbiamo mai integrato le logiche del capitalismo in modo così intimo nella nostra vita.

Questo primo capitolo nella serie “Inflected Objects” dal titolo “Abstraction – Rising Automated Reasoning” analizza le relazioni che intercorrono nei sempre più astratti flussi tecnologici ed economici che regolano le nostre vite e influenzano gli oggetti materiali che ci circondano. La mostra analizza come procedimenti astratti, economici e di computazione si mischiano, strutturano e sottendono le strutture fisiche e materiali. “L’astrazione si palesa in Sbarre, Corpi, Griglie, Bastoni, Loops e in Ragionamento automatico” scrive Pierre Lumineau nel testo che contribuisce alla mostra.
I sei artisti di Inflected Objects #1: Abstraction – Rising Automated Reasoning presentano opere che trattano di diversi fenomeni collegati ai processi astratti che strutturano la realtà di oggi.

La mostra nello spazio dell’Istituto Svizzero a Milano è accompagnata dal sito web www.inflected-objects.com. Questa piattaforma accompagnerà i capitoli successivi del progetto e contiene opere commissionate appositamente sul tema dell’astrazione. A partire dal giorno di inaugurazione si aggiungerà gradualmente contenuto online.

Philippe Decrauzat (1974) vive a Losanna dove insegna a l’ECAL e dove nel 1999 ha fondato CIRCUIT Centro per l’arte contemporanea. Realizza pittura, film, istallazioni, disegni e sculture che spesso includono composizioni geometriche e combinano influssi multidisciplinari. Tra le sue mostre si ricordano: nel 2014, NOTES, TONES, STONES a Le Magasin di Grenoble, nel 2008 le personali al Bonner Kunstverein e a Secession, Vienna e nel 2006 Plate 28 allo Swiss Institute di New York.

Harm van den Dorpel (1981) è un artista il cui lavoro presenta informazioni autoprogrammate intuitivo-associative che riflettono sull’ordine algoritmico e di mercato dei social media più popolari. Ha esposto ad Abrons Art Center and American Medium, New York, Neumeister Bar-Am, Berlino e nelle collettive Art Post-Internet, Ullens Center for Contemporary Art, Pechino, Image Employment, MoMA PS1 e Free al New Museum di New York.

Katharina Fengler (1980) ha studiato fotografia all’Università delle Arti di Zurigo. Il suo lavoro si occupa di psicologia, percezione e astrazione. Mostre recenti includono: Friday presso Autocenter, Berlino, One Bite NO SPACE @ OTHER Projects, Berlino, Space is the Place 2014 a Basilea.

Femke Herregraven (1982) è un’artista la cui ricerca interseca la finanza globale, l’informazione e la geopolitica. Nei suoi lavori interroga quali basi materiali sono create dalle geografie e i sistemi di valore dettati dalle infrastrutture e tecnologie finanziarie di oggi. Il suo lavoro è stato presentato presso the Dark Ecology project, Serpentine Extinction Marathon ed esposto da T293 (Napoli), Bureau Europa (Maastricht) e V&A (Londra).

Lars Holdhus (1986) ha studiato alla Städelschule di Francoforte e la Gerrit Rietveld Academie di Amsterdam. Nel suo lavoro ha trattato di apprendimento dalle macchine, intelligenza artificiale e interazione umana chiedendosi come è possibile orientarsi in scenari tecnologici sempre nuovi e complessi. Tra le sue mostre recenti: Refraction. The image of sense a Blain Southern, Londra, Shattered Preface, OSL Contemporary, Oslo e LIQUIDATE da Sandy Brown, Berlino.

Pierre Lumineau (1986) è un artista svizzero di base a Zurigo il cui lavoro si muove tra la scrittura e l’illustrazione, riflettendo sui temi dell’anonimato creativo, dell’artificialità, dell’automazione e delle tecnologie ibride. Ha studiato alla Zurich University of the Arts e le sue illustrazioni sono apparse su Post Internet Survival Guide 2010 (Revolver Publishing) di Katja Novitskova, e su State, una piattaforma online a cura di Adam Cruces. Recentemente ha partecipato anche alla mostra collettva Brands – Concept/Affect/Modularity presso S.A.L.T.S. a Birsfelden.

* Lunch Bytes è un progetto sull’arte e la cultura digitale a cura di Melanie Bühler inaugurato nel 2011 in collaborazione con il Goethe-Institut Washington, The Hirshhorn Museum and Sculpture Garden a Washington DC e Pro Helvetia a Washington DC. In Europa ha collaborato, tra gli altri, con HKW, Berlino, Art Basel, CCA, Glasgow e ICA, Londra.