18.12.2024
Niccolò Savaresi

MEET THE FELLOWS – NICCOLO SAVARESI (ROMA CALLING)

Niccolò Savaresi (1995) è ricercatore in archeologia classica presso l’Università di Basilea. Il suo campo di studio riguarda la diffusione della ceramica attica nel Mediterraneo. Dal 2022 partecipa agli scavi annuali della necropoli enotria di Macchiabate, in Calabria. La sua precedente formazione archeologica si è svolta principalmente in Italia (Trento, Bologna) e in vari siti europei (Francia, Regno Unito, Grecia). A Roma porterà avanti la sua ricerca, studiando i legami commerciali tra Atene e le popolazioni elleniche dell’Italia meridionale.

Qual è il progetto a cui lavorerai durante la residenza?
La residenza è parte del mio dottorato all’Università di Basilea, in cui studio il commercio della ceramica di Atene tra VI e V secolo a.C. In particolare, a Roma mi soffermo sui meccanismi con cui le immagini dipinte su questi manufatti venivano a far parte delle vite di chi viveva in Sud Italia. Qui erano comunità emigrate dalla Grecia che avrebbero avuto poche difficoltà a comprendere simboli provenienti da un’altra città greca, ma molti oggetti si spostavano anche tra popolazioni autoctone, non-greche. Nel periodo di cui mi interesso, Greci e non-Greci convivevano ormai da secoli, sfumando i confini tra categorie etnico-culturali, ma rimane comunque affascinante ricostruire come prodotti della cultura visiva greca fossero integrati in tradizioni locali antichissime, creando nuovi significati originali.
Cosa ti aspetti dalla residenza a Roma?
Mi aspetto sicuramente molte ore in biblioteca, ma anche molte visite nei luoghi della cultura di Roma, per assorbire quanti più stimoli possibili. Quello che però mi interessa di più è sicuramente lo scambio con gli altri fellows, al tavolo della cucina o in qualche galleria d’arte della città. Parlare con altre/i ricercatrici/ricercatori, così come con le/gli stesse/i artiste/i, mi permette di vedere le cose da una prospettiva diversa da quella della mia limitata esperienza. Occupandomi di immagini, poi, viene a cadere completamente la separazione che potrebbe esserci tra discipline scientifiche e pratiche artistiche.
Come pensi che il dialogo tra arte e scienza possa influenzare il suo lavoro?
Come ho già avuto modo di dire, penso che questo dialogo sia fondamentale. Infatti, la preparazione accademica mette a disposizione delle/dei ricercatrici/ricercatori strumenti e contenuti con cui condurre il proprio lavoro, secondo quelle che sono le tradizioni e i paradigmi accettati in un dato periodo. Tuttavia, queste risorse rischiano di risultare a volte dei limiti, trattenendo le idee entro gli stessi modelli, che si ripetono ancora ed ancora, sempre uguali a se stessi. È esponendosi al nuovo e all’inaspettato che si possono trovare nuove chiavi di lettura, impensabili altrimenti. Nel mio caso, ho studiato come riconoscere immagini antiche, in quali contesti aspettarmele, le tecniche con cui venivano realizzate. Ma è solo parlando con le/gli artiste/i che posso veramente riflettere su questioni che normalmente non appartengono al mio bagaglio: come confrontarsi con il pubblico, i modi in cui ci si forma un repertorio personale, il grado di spontaneità in relazione a tradizione e gusto dominante, e tanto altro ancora.
Cosa influenza il tuo lavoro?
Penso che ci siano molte influenze che vengono dall’ambiente accademico corrente: dalla necessità di guardare ai contesti in cui oggetti, persone, e spazi entrano in relazione, all’urgenza di decostruire narrazioni in cui la cultura greca (o meglio culture greche?) occupi una centralità assoluta, a discapito di esperienze plurali, che nelle fasi passate dell’Archeologia sono lasciate ai margini, in buona o cattiva fede. A livello personale, poi, penso di avere un approccio molto pragmatico ai problemi: la vena romantica della ricerca non si perde mai del tutto, in fondo è quello che spinge a scegliere questo percorso, ma ad un certo punto la passione si trasforma in una professione e bisogna avere anche un approccio realistico ai problemi. Forse è proprio per questo che ho un certo rigetto per teorie strampalate che chiamino in causa alieni e simili. Sono storie affascinanti, che possono anche attirare un largo pubblico alle discipline storico-archeologiche, ma non possono avere posto in un discorso con dignità scientifica.

Figura 1 Una rara immagine dell’architetto delle piramidi di Giza

Figura 1 Una rara immagine dell’architetto delle piramidi di Giza

Chi ammiri di più nella Storia?
È difficile avere ammirazione per qualche personaggio storico. Ci sono figure che mi affascinano molto: Alessandro Magno, Adriano, Federico II di Svevia, Marco Polo. Ma non mi spingerei a parlare di “ammirazione”: si tratta di icone della Storia, quasi delle leggende, ma si potrebbe descriverli anche come razzisti, oppressori politici, spregiudicati calcolatori, guerrafondai, integralisti… Se proprio dovessi sbilanciarmi per qualcuno per cui provo più che semplice fascinazione, potrei dire Alcibiade e Cleopatra: entrambi sono personalità politiche del mondo antico che proprio non riesco a comprendere, più leggo di loro e meno mi si chiariscono. Li ammiro non tanto per i loro successi, per i soliti motivi, ma piuttosto li ammiro per essere ancora un mistero per chiunque, tranne che a se stessi. O forse pure a sé.

Figura 2 Ritratto dell’imperatore Adriano – Palazzo Massimo

Figura 2 Ritratto dell’imperatore Adriano – Palazzo Massimo

Che musica sta ascoltando attualmente?
Quando ascolto musica, difficilmente mi soffermo su un artista o genere particolare, cerco di spaziare molto, mi piace lasciarmi sorprendere. Per questo una volta ascoltavo molto la radio, dove non hai il controllo su ciò che ti verrà proposto. Ora faccio qualcosa di simile con le piattaforme di streaming musicale, magari selezionando un genere o un artista e lasciando l’onnipotente algoritmo propormi brani. A volte sono insipidi, ma altre volte ci sono piacevoli sorprese. Ultimamente mi piacerebbe approfondire di più la produzione di Tenco e Ornella Vanoni, o magari un po’ di elettronica. Ci sono così tante proposte interessanti che varebbe la pena provare!
Ha qualche rituale/routine durante il lavoro?
Non penso di avere un rituale particolare quando lavoro. Al massimo, salvo ossessivamente tutto quello che ho nella cartella del mio dottorato sul server dell’Università, anche in giorni in cui leggo semplicemente dei libri senza produrre nulla di nuovo. Poi ho anche un modo molto preciso in cui posizionare le finestre dei file sul PC, così da poter avere sotto controllo più files contemporanemente. Ma nulla di scaramantico, penso.
Che eredità speri che la tua ricerca lasci?
Per ora l’unica eredità che vorrei lasciarmi dietro è la tesi di dottorato finita… È ancora un po’ presto per pensare a qualcosa di così definitivo. Mi basta finire bene i progetti che ho ancora in sospeso. Una speranza per il lavoro in cui sono impegnato ora è che possa diventare uno strumento di supporto alla ricerca di altri, specialmente per il fatto di raccogliere in unico testo riferimenti bibliografici e dati di molti materiali che altrimenti sono sparsi in letteratura, disperdendone il potenziale per la ricostruzione storica delle culture della Magna Grecia.
Cosa ti affascina di Roma?
Sarà banale, specialmente per un archeologo, ma direi che Roma mi affascina per il suo Passato, ma come sia al tempo stesso il suo Presente. Qui c’è tutto e tutto sta accadendo sotto i nostri occhi. Anche le rovine più antiche non sono una scenografia muta della vita della metropoli, ma sono il suo sangue caldo, i suoi organi pulsanti. È un serpente che cambia la pelle mentre si morde la coda. E il cortocircuito più affascinante penso sia quello della Chiesa, con liturgie e riti vecchi di millenni dentro templi a dei pagani. Il concetto di millennio è così vasto da essere inconsistente, ma a Roma diventa quasi banale, per la sfacciataggine con cui ti si presenta davanti. Tra un gelato e un pappagallino verde.

Figura 3 Gli altri “ospiti” di Villa Maraini

Figura 3 Gli altri “ospiti” di Villa Maraini

Il futuro per te è…
Inaspettatto. Perché ormai ho rinunciato a farmi aspettattive. Oggi più che mai, per chi cerca di lavorare nella Ricerca è impossibile fare piani a lungo termine, talvolta anche quelli più modesti. Cerco di funzionare giorno per giorno, restando aperto alle possibilità che si possono presentare. Ho però il forte sospetto che il mio futuro sarà (anche) migrante; da dove e per dove si vedrà.

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