Maria D. Rapicavoli (1976) è un’artista residente a New York. Assieme all’architetto e ricercatore Fabio Furiassi, ha sviluppato nell’ambito di Palermo Calling/Art & Science 2024 il progetto di ricerca Un teatro siciliano: l’aula bunker del carcere dell’Ucciardone di Palermo. Lo studio si propone di collegare e organizzare i dati frammentari sull’aula bunker e sul maxiprocesso alla mafia, i quali, a causa di calamità naturali e incuria archivistica, rischiano di andare perduti. In questo contesto, il progetto mira a esaminare criticamente e ricomporre artisticamente la storia dell’architettura del tribunale, in relazione alla sua storia politica, al fine di preservarne la memoria e renderla accessibile a un ampio pubblico.
A quale progetto lavorerai durante la residenza?
Inizialmente, la mia ricerca si concentrava esclusivamente sull’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, sia come elemento architettonico che come simbolo della lotta alla mafia in Italia.
Tuttavia, questo periodo di residenza qui a Palermo, insieme agli incontri con persone che hanno vissuto quegli anni in prima persona, mi ha portata a spostare l’attenzione su ciò che l’aula rappresenta nella memoria storica e personale in un momento così traumatico della storia d’Italia e della Sicilia. Da siciliana, sento fortemente l’esigenza di raccontare l’antimafia, l’impegno e il sacrificio di giudici come Falcone e Borsellino, che hanno lottato con determinazione per sradicare la mafia, sia come mentalità che come associazione criminale. Il risultato della ricerca che sto portando avanti durante la residenza sarà un’opera installativa multimediale che spero di presentare inizialmente qui a Palermo e, in seguito, di portare all’estero.

Arch. Martuscelli che spiega il progetto dell’Aula Bunker

Dettaglio di un articolo del giornale L’ora
In che modo l’ambiente dell’Istituto Svizzero influenza la tua ricerca?
Il supporto professionale e l’ascolto attento alle mie esigenze sia di tipo logistico che personale sono stati di fondamentale importanza per lo sviluppo della mia ricerca in un contesto non sempre facile, anche alla luce delle tematiche delicate che sto portando avanti nella ricerca.

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Qual è l’oggetto più strano che tieni nello spazio di lavoro?
Non so quanto siano strani, ma da quando sono arrivata a Palermo ho acquistato diverse piante: quattro succulente, un banano, una pianta di caffè e una di menta. Accanto alle piante tengo una cartolina d’epoca che ho trovato in una piccola libreria storica della città. La cartolina ritrae una donna elegante, con un ampio cappello piumato e un abito lungo in stile liberty, che sfreccia sui pattini a rotelle portando su un cuscino due volpi (vive o morte, non si capisce). Ho anche comprato una bicicletta usata nei colori rosa e nero (quelli della squadra di calcio del Palermo) e l’ho chiamata Rosy, che sta per Rosalia, la santa patrona di Palermo. La uso tantissimo e quando partirò la regalerò a chi verrà in residenza dopo di me.

Piante e cartoline
In che modo l’approccio transdisciplinare arricchisce la tua ricerca?
Mi consente di integrare prospettive diverse, offrendomi una visione d’insieme più completa e un pensiero critico più ampio, che sintetizzerò nella mia pratica artistica.

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Cosa influenza il tuo lavoro?
Osservare i dettagli sociali e architettonici di Palermo. Andare in giro per i mercati di Palermo, dove la compravendita e gli scambi commerciali e umani si intersecano e danno una visione delle dinamiche sociali della città. Ho fotografato tantissimi oggetti in vendita a Ballarò e al mercato del Capo. Una meraviglia di colori, forme e memorie che difficilmente posso trovare a New York, città in cui vivo da diversi anni.

Dettagli al mercato di Piazza Marina
Hai qualche rituale/routine durante il lavoro?
Caffè, correre al lungomare, doccia calda, acqua alle piante e passeggiate in bicicletta.

Rosy
Che musica stai ascoltando attualmente?
Mina, Franco Battiato, De Andrè, gli Uzeda (gruppo rock storico siciliano) e la Ninna Nanna di Mozart
Hai un posto preferito a Palermo?
Piazza Bellini, di notte
Qual è la cosa più inaspettata che ti è capitata durante la residenza?
La facilità con cui si sono stabiliti i legami umani e artistici con altr* residenti, nonostante i diversi background e le diverse età. Mi sento fortunata, perché ognun* di loro ha delle qualità speciali che arricchisce il mio sapere e nutre il mio spirito.
Il futuro per te è… ?
Più progetti in Europa.

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