13.06.2013

Quando la proprietà è un furto. Costituente per i Beni Comuni

Conference, Science, Roma

Ciclo Dalle pratiche del “comune” al diritto alla città

Introduzione

Tesi

Dates
13.06.2013
Location
Roma
Category
Conference, Science
Information

Ciclo Dalle pratiche del “comune” al diritto alla città

Quinto appuntamento del ciclo di seminari Dalle pratiche del “comune” al diritto alla città, organizzati dal Nuovo Cinema Palazzo di San Lorenzo in collaborazione con l’Istituto Svizzero di Roma e la Libera Università Metropolitana (LUM), che si confronta con quelle pratiche che interrogano in modo diretto le istituzioni, le norme e i rapporti in cui l’arte e la cultura sono prodotte, distribuite e vissute.

La Costituente dei Beni Comuni presieduta da Stefano Rodotà intreccia il ciclo di seminari: al Nuovo Cinema Palazzo giuristi, penalisti e realtà sociali discutono di proprietà, modifica del diritto penale e gestione dei beni comuni.

Intervengono i Giuristi della Costituente:
Stefano Rodotà, Maria Rosaria Marella, Ugo Mattei, Paolo Maddalena, Gaetano Azzariti assieme a i comitati, le associazioni e tutte le realtà in lotta per i beni comuni.
Con la partecipazione di Michele Luminati, Direttore Istituto Svizzero di Roma.

 

Giovedì 13 giugno 2013, ore 16.00
Nuovo Cinema Palazzo
Piazza dei Sanniti, 9 Roma

 

Ciclo di seminari promosso dal Nuovo Cinema Palazzo in collaborazione con l’Istituto Svizzero di Roma e la Libera Università Metropolitana (LUM).

La creatività dei beni comuni

I beni comuni non si prestano ad una tassonomia chiusa e definitiva. Si determinano in un processo di riconoscimento e rivendicazione sociale: un processo dal basso, esplicitamente conflittuale ed essenzialmente creativo.

“Se nel II incontro Costituente di Pisa, l’elaborazione si è concentrata sui processi di riappropriazione e di creazione del comune che si sviluppano attorno a spazi abbandonati (dal pubblico cfr. Teatro Rossi come dal privato cfr. Ex Colorificio), in questa data ci soffermeremo sui processi di commoning che riguardano spazi urbani e beni produttivi su cui intervengono cambi di destinazione d’uso (Nuovo Cinema Palazzo, spazi pubblici, terre demaniali) e accelerazione di tipo speculativo che snaturano o smentiscano la loro vocazione originaria e la loro destinazione alla realizzazione dei diritti fondamentali e ad un’utilità collettiva (Cinema Palazzo, Teatro Valle, spazi pubblici, terre demaniali, acqua e molti altri)”.

 

Il governo dei beni comuni
La sovranità ed il mercato non sono in grado di garantire né “la domanda di democrazia e autogestione che si accompagna al governo ideale dei beni comuni” né la protezione dei beni comuni dal processo di accumulazione capitalistica che ne pregiudica la fruizione collettiva.

Emerge l’esigenza di un assetto istituzionale alternativo fondato sul principio per cui in tema di beni comuni non conta la proprietà ma la garanzia della loro fruizione (accesso). Un modello di democrazia legata al territorio, in cui il “comune” coincida non con l’interesse astratto del popolo sovrano né del consumatore ma di coloro per i quali “la sorte dei commons risulta cruciale”.

I processi di commoning sono generativi di soggettività: la comunità che assicura la riappropriazione, restituzione e la sostenibilità della gestione del bene comune si definisce nel processo di costruzione del bene comune, non è pre-esitente, è per sua natura plurale ed ibrida. Quali sono i tratti che la caratterizzano? Non si tratta di comunità fondate sul binomio residenza-censo, su localismo, su rivendicazioni di tipo identitarista ma sull’adesione ad un progetto e su un rapporto di reciprocità con il bene.

Comunità fondate su appartenenze multiple, reticolari, relazionali. Quali modelli di gestione caratterizzano il comune in rapporto estensivo verso la cittadinanza e non regressivo verso una comunità chiusa? Come realizzare una gestione partecipata e diffusa? Quali forme di gestione assicurano il coinvolgimento della comunità di riferimento nel governo del bene e, attraverso forme di informazione (condivisione) e strumenti specifici di partecipazione estensiva, il controllo e il potenziale coinvolgimento di soggettività più ampie (fruitori, pubblico, cittadinanza).

Quali forme? Quali possibili modelli per rispondere all’intrinseca eterogeneità dei beni comuni? Come tradurre questi modelli di governo e gestione in norme in grado di garantirne doppiamente la tensione profondamente democratica e la fluidità e processualità propria dei commons?

I beni comuni produttivi.
Le nuove forme di produzione e lavoro

I beni comuni sono indisponibili ma non si collocano necessariamente fuori dal mercato. Appare ammissibile e sempre più emergente che accanto a beni comuni destinati a finalità culturali e sociali tout court i beni comuni, pur restando nel patrimonio indisponibile della collettività, possano essere riconvertiti, assegnati e resi produttivi e riproduttivi. Ciò sempre nel segno di una gestione sostenibile sul piano economico, sociale e ambientale potendo generare reddito equamente ridistribuito all’interno della comunità di riferimento che assicura la vitalità del bene e la sua restituzione alla fruizione collettiva. Riflettiamo sulla riappropriazione di terre demaniali, di stabilimenti produttivi dismessi (Officine Zero), di spazi urbani e beni comuni da parte di comunità di lavoratori e utenti ex art. 43 della Costituzione.

Le garanzie del comune.
Verso una giurisprudenza dei beni comuni

Proponiamo la creazione di un gruppo di lavoro di avvocati civilisti e penalisti per un’analisi della casistica emergente e una possibile lettura estensiva della giurisprudenza del comune per delineare possibili garanzie specifiche alla tutela delle lotte che individuano, generano e alimentano i commons.