03.05.2013

La lingua come modello di ogni istituzione?

Konferenz, Wissenschaft, Roma

Ciclo Istituzione e Differenza. Attualità di Ferdinand De Saussure

Introduzione

Programma

Paolo Virno

Daniele Gambarara

Emanuele Fadda

Dates
03.05.2013
Location
Roma
Category
Konferenz, Wissenschaft
Information

Ciclo Istituzione e Differenza. Attualità di Ferdinand De Saussure

Saussure, prima e meglio di chiunque altro, pensa l’arbitrarietà radicale del segno linguistico. Nella lingua, sistema o forma distinta dalla sostanza della parole (concreto atto di enunciazione), nulla è imposto dalla natura degli oggetti o dalla conformazione degli stati di fatto. Il significato (signifié) e il significante (signifiant) sono, nel loro legame che costituisce il segno linguistico, interamente arbitrari. Ed è proprio l’arbitrarietà della lingua, insieme infinito di virtuali atti di parole, a fare di quest’ultima ciò che Saussure definisce «istituzione pura». La radicale arbitrarietà del segno linguistico rimanda direttamente al carattere radicalmente sociale della lingua. Si tratta quindi di una istituzione inafferrabile alla mutazione improvvisa, volontariamente determinata, e sempre aperta all’alterazione molecolare, al divenire storico. A partire da queste premesse, il dibattito del 3 maggio discute della lingua come istituzione, modello possibile di tutte le altre.

 

3 maggio
Esc Atelier Autogestito – via dei Volsci 159, Roma

17.00
Intervengono
Paolo Virno e Daniele Gambarara

discute
Emanuele Fadda

Introduce
Marina Montanelli

Daniele Gambarara

Un modello che sfugge

Rispetto alle istituzioni sociali che oggi consideriamo esemplari (a cominciare dal diritto), le lingue sono diverse, una istituzione sans analogues. Nella vita semiologica delle lingue, l’istituzionalizzazione che esse hanno donato ad altri aspetti della cultura non si ritrova. Mentre le altre istituzioni hanno forti apparati di sostegno (vivono la vita di una democrazia rappresentativa, in cui il momento repubblicano prevale su quello democratico), la vita delle lingue è popolare, diretta, plebiscitaria, e per questo la lingua può apparire a Barthes sia l’istituzione più democratica, sia quella più fascista. Stupiamoci, per favore, di quanto pochi e inefficaci siano gli apparati esterni delle lingue: Accademie, grammatiche e dizionari svolgono un ruolo marginale, e lo stesso apparato scolastico dell’educazione linguistica non configura un vero sistema di sanzionamento della standardizzazione, né lo potrebbe. Le lingue devono funzionare da sole come istituzioni, quasi senza apparati esterni. E in esse, l’intervento della facoltà di linguaggio dell’individuo è sempre presente di fronte agli ambigui oggetti materiali che sono i segnali.

Materiali proposti:

Daniele Gambarara – Slide „Per una teoria delle istituzioni“

Paolo Virno

La lingua come modello per le istituzioni della moltitudine

La lingua ha una vita preindividuale e sovrapersonale. Concerne il singolo animale umano solo in quanto costui fa parte di una «massa di parlanti». Proprio come la libertà o il potere, essa esiste unicamente nella relazione tra i membri di una comunità. La vista bifocale, autonomo patrimonio di ogni uomo isolato, può essere considerata poi, a buon diritto, una prerogativa condivisa della specie. Non così la lingua: nel suo caso è la condivisione a creare la prerogativa; è il tra della relazione interpsichica a determinare poi, per riverbero, un patrimonio intrapsichico. La lingua storico-naturale attesta la priorità del “noi” sull’“io”, della mente collettiva sulla mente individuale. Per questo, non si stanca di ripetere Saussure, la lingua è un’istituzione. Per questo, anzi, essa è l’«istituzione pura», matrice e pietra di paragone di tutte le altre. Un giudizio siffatto non sarebbe pienamente giustificato, tuttavia, se la lingua, oltre ad essere sovrapersonale, non svolgesse anche una funzione integrativa e protettiva. Ogni autentica istituzione, infatti, stabilizza e ripara. La lingua, fatto sociale o istituzione pura, pone rimedio all’infanzia individuale, ossia a quella condizione in cui non si parla pur avendone la capacità. Essa protegge dal primo e più grave pericolo cui è esposto l’animale neotenico: una potenza che resta tale, priva di atti corrispondenti. È concepibile una istituzione politica, nell’accezione più rigorosa di questo aggettivo, che mutui la propria forma e il proprio funzionamento dalla lingua? È verosimile una Repubblica che protegga e stabilizzi l’animale umano nello stesso modo in cui la lingua svolge il suo ruolo protettivo e stabilizzatore rispetto alla facoltà di linguaggio, cioè alla neotenia?

Emanuele Fadda

La lingua come totalitarismo anarchico

Ci sono due modi per fare una classificazione: o per complicazione, a partire da un’unità semplice posta come minimo comun denominatore, o misurando il grado di avvicinamento a un modello. Saussure utilizza quest’ultimo modo per presentare il campo della semiologia, che è quello delle istituzioni. Una teoria delle istituzioni su base saussuriana (preconizzata da Luis Prieto), dovrà dunque assumere la lingua come modello, e in questo modo potrà risolvere alcune contraddizioni in cui le teorie della realtà sociale e istituzionale oggi à la page – quelle su base searliana – non possono evitare di incappare. Per le sue condizioni di utilizzo, la lingua si propone come l’istituzione perfetta, quella che può permettersi di essere totalmente democratica e totalmente fascista: qualcosa dove tutti comandano e tutti sono comandati, allo stesso titolo, e senza possibilità di rivoluzioni. Nel mio intervento vorrei illustrare questa idea attraverso un percorso che passa attraverso Roland Barthes, Pierre Bourdieu e Ernesto De Martino, ma anche per mezzo di una lettura atipica del Diario romano di Vitaliano Brancati, personaggio cui l’adesione giovanile al fascismo ha conferito una lucidità straordinaria nel leggere i rapporti tra psicologia sociale e individuale che entrano in gioco nell’adesione a un regime totalitario. Gli elogi del bizantinismo (e della Svizzera, che del bizantinismo egli considera l’incarnazione) da parte di questo fascista pentito sono un buon punto di partenza per sviluppare analogie possibili (ma solo fino a un certo punto, perché la lingua è istituzione sans analogue!) con le istituzioni politiche.

Materiali proposti:

Roland Barthes – „L’avventura semiologica“ (Saussure, il segno, la democrazia)

Roland Barthes – „L’aventure sémiologique“ (Saussure, le signe, la démocratie)

Pierre Bourdieu – „Méditations pascaliennes“ (Chapitre 4)

Emanuele Fadda – „Lingua e mente sociale“ (I, II, III Prolusione ginevrina)

Emanuele Fadda – Slide „Un modello linguistico per le istituzioni non (solo) linguistiche?